18 dicembre 2006

Eppure, si cambia.

Ieri i miei genitori sono tornati dalla messa con una gigantesca coscia di tacchino arrosto avvolta nella carta argentata.
Sapevo che sarebbe successo perché ne avevano parlato in precedenza, ma è stato comunque un colpo vederli tornare con una busta di plastica e quel grosso osso sporgente dalla stagnola.

L'ho guardato semplicemente senza comprendere, senza trovare alcun senso in quel massacro, e percependone l'inutile, e a suo modo inevitabile, violenza.

Per la prima volta concepisco, in maniera organica, il pensiero che ai miei occhi la carne non è più cibo.

Non so cosa sia. Non la vedo ancora come un grumo dolente di sofferenza. Ma neanche più solo come qualcosa che, per scelta, non mangerei.
Tuttavia è ormai uscita dalla categoria di ciò che posso chiamare alimento.

Che condizione bizzarra, ve l'assicuro.



Sapete, diverse settimane fa, era sabato, il 18 novembre di preciso... me lo ricordo perché stavo andando all'università, e poi dopo i corsi mi aspettava Roma e l'incontro dei forumisti etici ed ero tremendamente, terribilmente felice e piena di vita; diverse settimane fa, mentre aspettavo in stazione il passaggio del treno, successe quella cosa tristissima.

Vi capita mai di vedere uccelli oppure topi privi di vita sull'asfalto di una strada e chiedervi come sia possibile? Ho sempre avuto l'idea che un animale sano e reattivo non si lasci investire e che se questo accade, evidentemente l'animale in questione aveva qualche acciacco fisico.

Ma ora so che non necessariamente è così.

C'era uno stormo di piccioni sulle rotaie, quella mattina di sabato, tutti intenti a becchettare e tubare facendo glu glu glu, ed erano proprio dei bei piccioni, allegri, vispi, chiassosi. Era un piacere guardarli, a pochi passi di distanza, timidi e rissosi alle prime luci del mattino.
Poi il treno uscì dalla galleria, ed io pensai "su, adesso volate via, che arriva", e lo stormo si alzò in volo all'ultimo istante, e tutti i piccioni si misero in salvo, tranne uno.

Non credo che quel piccione particolare avesse qualcosa di sbagliato. Sembrava sano, sveglio e piccione come gli altri piccioni. Credo che semplicemente fosse dalla parte sbagliata al momento sbagliato - in coda allo stormo e in direzione del treno mentre questo si avvicinava.
Così volò via troppo tardi, e il treno sopraggiunse e lo travolse davanti ai miei occhi. Sentii le sue ossa schioccare, le penne frullare, e sbarrai gli occhi, e quando le porte si aprirono mi mossi a fatica per entrare.

Quale migliore testimonianza della caducità della vita?



Mi feci tutto il viaggio con gli occhi spalancati e la consapevolezza che il confine tra la vita e la morte è sottilissimo e labile. Pensando che per quel singolo piccione, per quella sola manifestazione di vita, era finita. Non c'era più nulla, doveva essersi spenta la luce, sparito tutto, in quell'attimo durante il quale io avrei preferito non essere presente.

Non so cosa c'entri questo, con la coscia del tacchino.
Forse mi è tornato in mente perché il primo (fugace, impalpabile) pensiero a specchiarsi sulla carta stagnola è stato: non voglio esserci mentre ve lo mangiate.

Ci ho messo quattro anni e mezzo a maturare la percezione della carne come di un non-alimento. A volte sembra che le cose procedano lentamente senza portare a nulla... Lo so, i piccioni vengono investiti dai treni, le cosce di tacchino continuano a essere mangiate. Sono vite stroncate nella nostra indifferenza.

Eppure, nel frattempo si cambia.

3 commenti:

  1. Ciao Eleonora, che bello che tu mi abbia fatto visita! Adesso ti visito anch'io... :D

    RispondiElimina
  2. Eccome se si cambia... Tre anni fa non avrei mai pensato di potermi alimentare senza carne... E ora eccomi qui, vegan e felice ;-)

    RispondiElimina
  3. Ele, gira pure le ricette, trovi la mail nel profilo! ;)

    Anch'io oggi mi sono scorsa tutto il tuo blog, mi piace molto! :)


    Yari, capisco perfettamente quello che dici! ^^

    Soprattutto la parte sulla felicità... ;)

    RispondiElimina

Non dimenticate di firmarvi! ^_^