31 agosto 2008

Riepilogo Luglio/Agosto

Questo è quanto preparato nella mia cucina (e dintorni) tra luglio e agosto: confettura di albicocche con agar agar (con successiva brutta sorpresa), zucchine secche, scagliozzi, cipolline all'orientale, spighe, crocchette di seitan.

E' stato un bimestre pieno di "sorbitevi i cavoli miei" e su questo fronte abbiamo l'invasione di persone non molto mature sciamate sul blog come cavallette, un raro caso di webmistress felice, il lungo post di partenza per le vacanze, uno breve per il ritorno a casa, il resoconto della vacanza a Roma, e ovviamente altri sproloqui su come nella mia vita sia sempre tutto uguale (almeno in apparenza - urge un taglio radicale di capelli!).

E' stata una bella estate per la Mooncup che, trattata adeguatamente, è andata bellamente al mare (divertendosi molto). Invece, neanche quest'anno ho usato molto il forno solare, al contrario di puccymon...

Per quanto riguarda Tarty c'è tantissimo da raccontare, ma dovrete aspettare qualche giorno per sentire le sue novità, ed ammirare il nuovo book fotografico.

Buon rientro dalle vacanze a tutti voi. Mi siete mancati...




...ma solo finché non ho dovuto cominciare a sbrigare la e-corrispondenza arretrata!

30 agosto 2008

Crocchette di seitan

Che dite, ne avete abbastanza dei miei sproloqui? Passiamo alle ricette? Bene!

Le crocchette di pollo e spinaci erano uno dei pochi stratagemmi grazie ai quali, da bambina, mangiavo la verdura. Veramente dubito che dentro ci fossero molti spinaci, e forse nemmeno tanto pollo, ma qualunque fosse l'ingrediente segreto quelle crocchette saporite piacevano anche a una bambina così svogliata col cibo come lo ero io. Ne divoravo a decine, sono tra i cibi di "prima" di cui sento la mancanza... meditavo da un po' di porre rimedio!
Appena entrata in possesso di un frullatore, in campeggio, mi sono data agli esperimenti, e questo è il primo risultato di base, giusto per testare se restavano in forma. Seguiranno sicuramente migliorie sul gusto e prove di crocchette con spinaci!

Ingredienti: 4 fette di seitan (circa 200 g), 3 cucchiai di farina 00, 3 cucchiai di farina di ceci, 1 cucchiaino di salsa di soia, 2 cucchiai d’acqua, 1 cucchiaino raso di sale, 4 cucchiai di pangrattato, 2 cucchiai di semi di sesamo, olio di semi di arachidi.

Frullate il seitan fino a macinarlo finemente; preparate una pastella con le farine, la salsa di soia, il sale e l'acqua e sbattete con una frusta. Incorporate il seitan alla pastella, facendola assorbire bene, e formate coi palmi delle mani delle polpettine compatte; schiacciatele leggermente, passatele nel pangrattato mescolato al sesamo e friggetele nell'olio ben caldo, su entrambi i lati, finché saranno ben dorate.

29 agosto 2008

Casa, dolce casa?

Era ovvio: tornando a casa vi ho ritrovato tutti i problemi lasciatimi alle spalle al momento della partenza, esattamente dov'erano e com'erano; e non mi aspettavo si risolvessero da soli. Speravo però di riuscire a vederli da un diverso punto di vista, al mio rientro, di essere cambiata per affrontarli in altro modo... Non mi pare sia così, l’estate non mi ha portato molta chiarezza; a dir la verità, piuttosto, mi ha sorpresa, lasciandomi più confusa di prima.

Quando sono partita, pensavo avrei trascorso le mie giornate leggendo, e invece sono stata tanto tempo in spiaggia, o in acqua a nuotare (e non lo facevo da anni). Ho letto, sì, ma non col cuore, e questo mi sorprende, perché nei libri ho sempre vissuto vite emozionanti; stavolta sono rimasta fredda e distante, come accade da un po', a ben pensarci. Leggere non mi da più il piacere di un tempo... sono presa da altro, poco partecipe. Credo sia una cosa temporanea, ma non passerà tanto in fretta; è come se una fase della mia vita si fosse chiusa e non ci fosse spazio per la lettura, adesso. In futuro sì, ma non adesso. Forse, soltanto, sono troppo impegnata a vivere, per immergermi in vite non mie (e meno male!).

Ho cucinato tanto, più di quel che credevo; avrei fatto anche di più se avessi avuto tutti i miei attrezzi e ingredienti. E anche questo mi ha sorpresa perché, onestamente, volevo un periodo di riposo dalla cucina; invece mi sono ritrovata a giocare tra i fornelli soddisfatta come una bimba che sforna torte di fango. Ho raccolto le idee e preso ispirazione qua e là, ho pensato piatti futuri, ho lavorato a un mio progetto culinario con entusiasmo insperato e mi sono accorta di quanto mi piaccia cucinare per gli altri, per far stare bene le persone intorno a me.
Sono stata al mercato, e a dispetto dei prezzi sono stata presa dalla voglia di assaggiare tutto, di comprare almeno un etto di ogni cosa: i diversi tipi di olive, legumi sconosciuti, frutta esotica e verdura mai assaggiata… Il cocco fresco mi ha dato dipendenza. Non riesco a smettere, nonostante io sia contraria all’importazione; è un sapore che mi ha conquistata. E vogliamo parlare dell’avocado? Non mi ci fate nemmeno pensare!
Mi accorgo che se non avessi avuto la sensibilità necessaria a diventare vegetariana, sarei stata un’implacabile carnivora: avrei assaggiato tutto senza limiti, o quasi… Di certo, ora, ho tantissima voglia di provare cose nuove; per esempio, mi sono innamorata dei peperoni e della cipolla crudi (mai nella vita avrei pensato di dirlo). Sono arrivata al punto di non sopportare più il mio essere astemia; mi irrita l'idea di non poter capire niente di vini e liquori, perché basta una sola goccia di qualunque alcolico a farmi arricciare le labbra dal disgusto. Vorrei essere veganamente onnivora, conoscere tutti i sapori, gli odori, gli aromi... Ho anche cominciato ad assaggiare le spezie con la punta del dito, sapete? Ho messo l'indice nel barattolo del pepe bianco e me lo sono ficcata in bocca. E mi è piaciuto, è stato interessante. Senz'altro lo rifarò. Mi devo preoccupare?

Quando penso alla gioia di scoprire pietanze a me sconosciute, e di cucinarle, mi pare sempre di toccare un nervo scoperto, quello del mio futuro. Al momento una delle idee che mi eccitano di più è quella di preparare uno zaino e iniziare un pellegrinaggio mondiale e squattrinato, vivendo alla giornata, sopravvivendo come possibile e mangiando cibo normale nelle case delle persone normali solo per vedere loro come lo cucinano. Non sono particolarmente intraprendente con i nuovi sapori, ma se mi offrono una pietanza sconosciuta non la rifiuto, ormai. E ne ho voglia, cavolo, ne ho proprio voglia. Voglio scoprire nuovi sapori e poi venire qui a raccontarvelo.

Cresce il mio disinteresse per l’università, e non viene frenato né dal senso del dovere, né dalla vicinanza alla meta (ce la posso fare tranquillamente in un anno... e se ne ho già sopportati tre...!). L’insegnamento non è mai stato la mia aspirazione, e sì, a furia di sentirmi ripetere che la mia laurea è inutile inizio a convincermene. Alla fine della triennale ci arriverò, ma inizia a fregarmene sempre meno di “come” e di “quando”, e dubito di iscrivermi alla specialistica, l'idea mi deprime parecchio. Ho una media piuttosto buona, ma la voglia mi sta passando del tutto...
Sto facendo i conti con un aspetto "nuovo" del mio carattere: l’incostanza. Mentre fino a qualche anno fa mi sarei descritta come una ragazza tranquilla, posata e affidabile (immaginatevi la classica segretaria bruttina... ecco, uguale identica), adesso devo spostare il tiro; certo, sono ancora una persona seria, ma si fa di nuovo notare il lato pazzerello di me, quello curioso, sperimentatore, avventuroso, azzardato.
Quella Vera lì, si annoia in fretta. Non mi piace l’aggettivo “incostante”, fatico ad appiccicarmelo addosso, ma devo rassegnarmi e riconoscerlo: ho fame di cose nuove, mi distraggo con facilità, perdo presto interesse; cambio velocemente, cambiano i miei gusti e i miei obiettivi, non sono tipa da progetti faraonici e a lungo termine; non ho mai avuto uno “scopo” nella vita o meglio ne ho avuti così tanti da non essere più convinta di nessuno di essi… Prima volevo fare la veterinaria, poi l’intellettuale (sì, proprio come lavoro), poi la levatrice-fattucchiera, poi la naturalista, poi di nuovo la letterata; ho avuto una batosta a scienze biologiche, mi sono iscritta a lettere e ne sono stata felice, per un po', sembrava proprio quel che faceva per me, ma adesso sono presissima dalla cucina. Una grande capacità di adattamento, si potrebbe dire, e non lo nego, ma devo ancora imparare a tenere le redini di tutte queste risorse, altrimenti allungano il collo come i cavalli e mi tirano dove preferiscono.
Razionalmente, lo so, arriverò alla laurea e magari troverò uno straccio di lavoro prima di quanto io pensi; emozionalmente, mi sembra un obiettivo impossibile! Eppure non sono stupida. Sarei oggettivamente ingiusta nei miei confronti se dicessi che mi mancano le capacità. In realtà (qui lo dico e qui lo nego), sotto sotto sono convinta di poter fare qualsiasi cosa voglia; ma il problema spesso è capire i miei desideri, e restarne convinta anche durante le bufere della vita.

Ho interessi vari, multiformi, diversi tra loro; spazio tra superficialità e approfondimento estremo a seconda della giornata, e in definitiva la vibrazione di fondo del mio modo di essere è l’inquietudine, l’irrequietezza. Un giorno una persona mi disse: “I tuoi occhi sono come il mare. Sembra calmo, ma sotto la superficie tutto si agita”. Mai descrizione fu più azzeccata.

Così, ora, cosa devo fare? Probabilmente solo tenere duro... mi aspetta un altro anno, sperando sia l’ultimo, di triennale; poi non so. Vorrei fare un giro di telefonate alle scuole di cucina di cui ho notizia per capire qualcosa di più preciso su orari e frequenza dei corsi, e vedere se riesco a conciliarli con l'università. Ma è questo che voglio fare per vivere? E soprattutto, posso farlo per vivere?
Ecco il punto: non riesco a immaginare nessuno dei miei talenti impiegato in un lavoro che permetta di vivere autonomamente. È sfiducia nelle mie capacità oppure solo realismo? Il problema sono io? È la crisi del mercato del lavoro? È paranoia nuda e cruda?
Sto meditando di trasferirmi all’estero, memore dell’esperienza olandese di mio fratello: 24 ore dopo aver varcato la frontiera, trovò lavoro in una pizzeria, lui che in cucina ci entrava soltanto per mangiare, grazie ad una sola qualifica: quella di napoletano. Per una cosa del genere, ci metterei la firma!

Comunque sia, le vacanze non mi avranno aiutata a schiarirmi le idee, ma mi hanno dato molto. Ho potuto ricaricare le pile, limitandomi a dormire, andare a mare, mangiare, dormire, andare a mare, mangiare... mi sono concessa il lusso del mero esistere.
Ho ritrovato un'amicizia sincera, profonda e leale, ne ho compreso il valore e la preziosità. Qualsiasi cosa ne pensino gli adulti di mia conoscenza, certe amicizie possono essere per tutta la vita (e non dico che sia facile). Credo di avere buone possibilità in questo senso.
Mi sono accorta di dedicare troppo poco tempo al divertimento, semplicemente perché mi dimentico di quanto mi faccia bene ridere; devo ritagliarmi degli spazi per farlo, e trovare delle persone con cui farlo, un po' più spesso.

In generale mi sono sentita di nuovo viva: ho apprezzato il bacio del sole sulla pelle, le carezze del vento sul mio corpo, l'abbraccio avvolgente del mare. E anche gli sguardi dei bonazzi in spiaggia, diciamolo pure (e non uno che abbia attaccato bottone, alla faccia del maschio latino!). Ho sentito il sangue scorrermi caldo e veloce nelle vene, ho vissuto d’aria perché il carburante l'avevo tutto dentro, e non mi serviva altro, per star bene, che respirare.
Per quanto in passato siano stati velati di lacrime, o resi opachi dalla tristezza, i miei occhi brillano ancora. Scintillano quando sono felici, ammiccano quando sto bene, si accendono di uno sguardo che fa girare la testa agli uomini quando… beh, quando serve. Scoprirmi così viva non è cosa da poco: a volte ho dubitato di poterlo fare. E invece, mi sono sentita così e anche peggio: come dieci Shakira messe insieme.

Così scrivo anche questo, per non dimenticarmelo. Devo lasciar muovere questi benedetti fianchi e devo pensare di più con la pancia, con le ginocchia, con le mani, con le spalle, e meno, meno con la testa. Nei fianchi ci sono idee ed emozioni, nei fianchi c'è tanta creatività, e devo soffiare su questa creatività come su braci sacre da non far spegnere mai.

La creatività potrebbe essere la chiave di tutto, se proprio non riesco ad essere una persona ordinaria...

28 agosto 2008

La mooncup va a mare

Detto, fatto. Da un anno morivo dalla curiosità di mettere alla prova la favolosa coppa in mare aperto, e finalmente ho potuto farlo. Mi sono goduta il bagno come mai prima!

A parte il primo giorno di ciclo, in cui non mi sono alzata dal letto per i fastidi soliti, sono andata sempre a mare, mattina e pomeriggio, facendo il bagno con una tranquillità impensabile fino a pochi mesi fa.

Ho preso il sole e nuotato per ore, sentendomi perfettamente a mio agio: non una macchia, non un rumore, non la benché minima sensazione di sgocciolamento ha turbato i miei sciabordii. Ho riscontrato un unico inconveniente: se nuotando ci si agita molto (molto: non parlo di una semplice nuotatina per restare a galla!), può entrare dell’acqua nella coppa (mentre se ci si limita a immergersi e riemergere non accade). Il problema non è tanto l’acqua che entra, ma piuttosto la successiva fuoriuscita della stessa una volta in spiaggia: se si è mescolata a sangue, potreste macchiare i costumi! A me è successo, una volta, ma solo nella fodera interna che, rimanendo umida fino al ritorno a casa, ho poi pulito facilmente col sapone. Dunque: evitate i costumi molto chiari, e soprattutto non vi dimenticate di svuotare la coppa prima di andare a mare, così il flusso non ristagna; al ritorno, ovviamente, svuotatela di nuovo, lavandola e lavandovi bene col detergente intimo.
Io l’avevo indossata prima che mi venissero le mestruazioni, ci ho fatto il bagno e non ho pensato a svuotarla: me la sono tenuta dentro piena d’acqua di mare per una notte intera, prima di ricordarmi di avercela, e accorgermi della cosa…

Comunque, è stato fantastico poter fare il bagno con le mestruazioni, specialmente perché ospitavo la mia amica Imma e la voglia di rilassarci in spiaggia era alle stelle: mi sono goduta con lei la complicità e la gioia di un contatto intimo col mare... quasi più che nei giorni "normali"!

26 agosto 2008

Roma (e due!)

Se a Febbraio lamentavo di non aver visto praticamente nulla di Roma, stavolta non ci ho nemmeno provato, ma sono felicissima così. In realtà, Roma l'ho vista eccome! L'ho vissuta non da turista ma come ospite, l'ho scoperta di certo solo in parte ma poco a poco, senza fretta, e me ne sto lentamente innamorando. Per certi aspetti, mi ricorda Napoli; se un giorno dovessi andare a viverci, ne sarei davvero molto contenta. Chissà...

Non mi dilungherò nel raccontarvi i cinque giorni appena trascorsi, saprete tutti cosa merita una visita a Roma e cosa no e c'è senz'altro chi lo può dire meglio di me; io, come sempre, mi sono dedicata alla ricerca e all'acquisto di ingredienti culinari e a colossali mangiate per ampliare il mio orizzonte dei sapori. Sono incorreggibile, temo; metà delle cose che stavo per comprare sono rimaste nei diversi negozi solo perché non sarei mai riuscita a farle entrare nello zaino (e soprattutto a caricarmelo in spalla).
Comunque, più o meno, ecco come sono andate le cose.

Mercoledì. La sveglia non suona, ma fortunatamente il mio orologio biologico inizia a trillare al momento opportuno; mi accingo a partire contentissima, nonostante non abbia potuto posticipare la prenotazione per prepararmi con più calma, faccia caldissimo e lo zaino pesi da morire (giuro, ho portato pochissime cose, ma avevo toppato del tutto nella stratificazione degli oggetti; ho il vizio maledetto di mettere le cose più pesanti in alto e all'esterno - bisogna fare sempre il contrario!). Il sole splende, niente a che vedere con la nebbia di febbraio; nell'InterCity mi rilasso, cercando di non pensare a quanto disorganizzata sia la mia vacanza: la fortuna mi assisterà...

Trascorro una giornata stupenda a casa di un'amica, in compagnia di una gatta pazza e due tartarughe fameliche; poi Nico (facciamolo santo) mi accompagna a cena all'Eritreo, il "solito", posso ormai dire.

Non so perché, ma stavolta non ho gradito molto i piatti piccantissimi, specie gli "involtini" di ingera con salsa berberè (sopra), grazie ai quali stavo soffocando: il peperoncino non si staccava più dalla gola... Anche il misto vegetariano con legumi e verdure (a destra) mi è sembrato più "forte" dell'altra volta.

Meno male che dopo mi sono rifatta il palato con un dolce buonissimo, l'halva (a sinistra), a base di crema di sesamo, zucchero e pistacchi. Ne esistono diverse versioni e si impiega anche come ingrediente per piatti più complessi; è assolutamente da rifare in casa, ma solo se non siete a dieta.

Giovedì. Giovedì ho seriamente rischiato di finire in bancarotta perché ho scoperto Castroni (in Via Cola di Rienzo 196), praticamente il paese delle meraviglie o giù di lì. Non vi racconterò di tutte le cose meravigliose che vendono perché non voglio ritenermi responsabile dell'altrui tracollo finanziario; se passate da quelle parti, entrerete assumendovi la responsabilità delle vostre azioni. Io vi consiglio solo di far precedere la visita da un'ora di training autogeno, ripetendovi che non spenderete più di 10 euro, in nessun caso: non servirà comunque, ma potrete contenere il danno.
Ecco il frutto della mia razzia: preparato per falafel (quello che tanti anni fa non mi era piaciuto!), arrowroot (che tutto sommato si può sostituire con la maizena, ma ero curiosa di provarlo dato che spesso è incluso nelle ricette in inglese), semi di papavero blu (perché sono troppo fèscion, guardate qui), garam masala e tandoori masala (il primo perché lo uso parecchio, il secondo perché è un mix di spezie rosso-fucsia e il colore mi piaceva tantissimo ), spezie per falafel (ho imparato a prepararli in casa), crema di cocco (completamente senza zucchero; ho scoperto, ahimé, di essere diventata coccodipendente, quindi mi potrà servire), silken tofu (sembra essere utile in dolci e altre cosette, diversamente dal normale tofu duro). Tanti altri prodotti sono stati messi nel carrello e poi tolti, in continuazione, finché ho rinunciato a comprarli perché troppo voluminosi e/o pesanti. E poi, lo ammetto, mi è venuta un po' di tristezza a pensare che comunque finisco sempre per cucinare per 4 e mangiare da sola; la maggior parte di quegli acquisti sarebbe purtroppo stato sprecato.

Dopo essere stati da Castroni per un'ora e quarantacinque minuti (sì, avete capito bene, non riuscivamo più a uscire di lì), abbiamo preso il pranzo da Pizza design (Via dei Marrucini 8), praticamente di fronte alla Sapienza.


Nel parco di Villa Mercede abbiamo scartato e mangiato il tutto, e con tutto intendo i felafel con salsa piccante e abbondanti verdure per contorno (a scelta tra tanti tipi diversi: peperoni, pomodori, insalata, olive, patate, cetrioli...); un micio intraprendente mi ha adottata per qualche ora, seguendomi ovunque, salendomi sulle gambe, camminando sulla spalliera della panchina eccetera... che tenerezza e che pena, poverino.

Dato che si moriva di caldo, nessuno ha potuto privarmi della mia bella grattachecca all'ananas e cocco, comprata a Piazza Gioacchino Belli (chiosco Fonte d’oro): deliziosamente rinfrescante (non avrebbero mai dovuto farmi scoprire quanto il cocco stia bene con l'ananas).

Dopo un giretto sull'Isola Tiberina, nei vicoli del ghetto e non ricordo più dove, ci siamo trovati a Torre Argentina dove ho acquistato due calendari da tavolo per sostenere la cura dei randagi... Sniff sniff, quanto mi è mancata Tarty!

Mentre tornavamo all'auto, siamo passati davanti al negozio di prodotti biologici Il Canestro (in via S. Francesco a Ripa 106); non potendo resistere alla tentazione di entrare, abbiamo speso un bel po' di soldi tra latte di soia, wurstel di seitan e golosità varie (mandare due vegan a far spese insieme non è saggio, a quanto pare).

A cena abbiamo preparato delle tortillas. Ora, non vorrei far venire l'orticaria ai puristi delle tortillas: ci abbiamo messo dentro quello che c'era in casa, ed erano buonissime, ma saggiamente Nico mi ha consigliato di omettere la ricetta in quanto da perfezionare. Se volete la ricetta delle finte tortillas, pestate un po' i piedi e sarete accontentati!

Venerdì. Venerdì abbiamo pranzato al Kabir Fast Food (Via Mamiani 11); cucina indiana e, per noi, decisamente "slow"! Nel tempo impiegato a consumare il nostro pasto, gli altri avventori avrebbero mangiato tre volte... ci siamo guadagnati qualche occhiataccia da parte del proprietario, ma per fortuna il locale non affollato ci ha evitato situazioni spiacevoli.

Il menù, per noi, offriva come antipasto patate o melanzane pakora (cioè fritte in pastella), mix di verdure (una grande frittella tenuta insieme da farina di ceci) e samosa ripieni di verdure, che potete vedere nella foto a sinistra. Solo i samosa sono piccanti, ma non tantissimo.

Il piatto principale è riso bianco, oppure con piselli e zafferano; si accompagna con lenticchie, o ceci, o patate e piselli (o due dei suddetti contorni) che sono tutti piuttosto speziati. A destra il mio vassoio, con le lenticchie, a sinistra quello di Nico con ceci, piselli e patate; l'insalata con cetrioli e cipolla aiuta a sopportare il sapore piccante.
C'erano anche alcuni dolcetti tipici, vegan, che però non ho assaggiato perché stavo esplodendo... sarà per la prossima volta!

Sabato. Sabato abbiamo pranzato a casa, con gnocchi di patate al pesto e insalata di spinaci e funghi, una cosa delicata e deliziosa che dovrò rifare presto; mentre a cena siamo andati al ristorante cinese (e qui mi serve la consulenza di Daniela perché non mi ricordo l'indirizzo né cosa abbiamo preso!).
[EDIT: Il ristorante è il Re dei cuochi, Via G. Albimonte 14/b. Dovrò poi ricordarmi cosa abbiamo preso, perché nonostante il cibo fosse l'ultimo dei miei pensieri ho apprezzato molto la cucina cinese. Impensabile!]

Domenica. Domenica siamo tornati al fast food indiano, giusto per farci guardare ancora un po' male e la cena l'ho saltata perché ero su un treno regionale per Napoli... ma prima di partire, abbiamo preso un bel gelato da Doppia Panna (in Via Sampiero di Bastelica 102). Se capitate da quelle parti fateci un salto: scegliete il cono per chi ha intolleranze alimentari, e chiedete quali sono i gusti vegan (ottimo accostamento di gusti, solitamente vegan, è cioccolato fondente e banana); non l'ho fotografato... ma meritava! Il prezzo, tra l'altro, è contenuto: 1.50 euro per un cono con due gusti.

Poi sono andata in stazione, ho armeggiato 10 minuti per stampare il biglietto (sbagliando ripetutamente la selezione delle impostazioni ed esitando, infine, prima di confermare l'acquisto), e sono salita sul treno con lo stomaco annodato, il sorriso sulle labbra, una lacrima in ciascun occhio, ma piccolina.

E così sono finite le mie vacanze. Ho tanto da dirvi (i miei pensieri estivi, le disavventure con Tarty, i bagnetti a mare della mooncup, le nuove ricette provate nelle scorse settimane, due parole sui libri letti...) ma mi ci vorrà del tempo. So che avrete pazienza, come sempre; aspettate un po', arriverà tutto, senza fretta.
Mi sto tenendo stretti i ricordi, e sto cercando di far restare ancora intatto sul mio viso il sorriso che mi ha accompagnata, ininterrottamente, per cinque meravigliosi giorni.

Roma, aspettami. Ritornerò presto.

25 agosto 2008

Splash!


Sono a casa.
Moooolto lentamente, seguiranno post su queste lunghe settimane di vacanza.
Ho tanto da scrivere, ma farlo guardando l'esplosione di acqua fredda di cui sopra è un po' crudele, non trovate?
Sgrunt.

(non odiatemi, eh)

18 agosto 2008

Mi è semblato di vedele una Veluccia...

... è velo, è velo, è ploplio una Veluccia!
Ehm, non ci fate caso, il caldo cittadino, dopo tanta frescura, sta nuocendo alla mia salute!

Sono tornata a casa, ma per poco; dovrei partire per Roma entro un paio di giorni e ho approfittato della sosta per mettere in sicurezza fotografie e documenti vari sul computer principale, per pubblicare i vostri commenti e rispondervi (a quelli del post di arrivederci risponderò al mio ritorno definitivo) e per sbrigare la corrispondenza virtuale.

Ne approfitto per salutarvi tutti; ci rivediamo tra una decina di giorni!