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Il dashi e' uno degli elementi cardine della cucina giapponese, ed e' alla base di numerosissime ricette del repertorio gastronomico di questo Paese. Questo e' uno dei motivi per cui mi sento sempre in dovere di mettere in guardia gli amici vegetariani (e vegani) che pensano che la cucina giapponese sia una vera manna per chi ha deciso di evitare prodotti di origine animale; anche in un semplice piatto di verdure al vapore ci possono essere tracce - e questo succede piu' spesso di quanto immaginiate - di dashi di pesce."
Ecco, considerando che sono andata più di una volta al ristorante giapponese, dopo aver letto
questo post di BiancorossoGiappone il dubbio di aver mangiato ripetutamente brodo di pesce a mia insaputa mi è venuto. Nonostante io abbia ordinato sempre piatti a base vegetale, le difficoltà di comunicazione con i camerieri non mi hanno mai convinta del tutto della chiarezza del messaggio "nessun prodotto di origine animale" - e questa storia del dashi si va ad aggiungere ad una serie di errori di valutazione commessi dall'estate a questa parte, per distrazione o per troppo entusiasmo. Mettereste mai dell'olio di pesce nei cereali per la colazione, allo scopo di arricchirli di omega3? Beh, sappiate che
c'è chi lo fa; e c'è chi prepara la pizza alle olive "nascondendovi" accuratamente sotto dei pezzi di acciuga, tanto per far quasi strozzare il vegan di turno dopo il primo morso, immagino. Vi aspettereste di trovare lo strutto in un pacco di taralli all'olio extravergine d'oliva? No? Nemmeno io! Ma negli ultimi mesi, in cui sono andata sempre di corsa e mi sono fidata un po' troppo del mio - solitamente efficacissimo - radar per prodotti vegan, evitando di chiedere o di leggere gli ingredienti tutte le volte che compravo qualcosa, sono incorsa in "sviste" come queste, per le quali non posso incolpare altri che me stessa.
Non mi metto a vomitare l'anima se mangio accidentalmente un cibo contenente latte oppure uova, ma carne e pesce proprio no, credo di essere riuscita a evitarli in modo pressoché assoluto in tutti questi anni da vegan; invece in pochissimi mesi ho avuto troppi incidenti del genere e la cosa non mi fa piacere. Non mi rende fiera condividere con voi questa esperienza, ma spero che avervi raccontato l'accaduto possa evitarvi di cadere negli stessi tranelli: leggete
sempre le etichette fino in fondo, e chiedete gli ingredienti
ogni volta che mangiare fuori, se non volete avere brutte sorprese che poi vi farebbero stare male.
La ricetta di oggi è gentilmente offerta dal mio dolce ¾ che, come me, accanto al sashimi di avocado apprezza moltissimo il tofu agedashi. Già da un po' ci frullava in testa l'idea di farlo in casa e la spinta definitiva è venuta dopo aver appreso dell'uso del pesce (solitamente katsuobushi, un tipo di tonno secco) nel dashi in cui, come dice il nome stesso, vengono serviti questi pezzi di tofu fritti a immersione. Il merito della ricetta è tutto suo; miei sono invece gli errori di battituta e l'uso improbabile della lingua italiana, dovuti principalmente al fatto che sto morendo di sonno, ma ci tenevo troppo a pubblicare la ricetta per aspettare domani!
Ingredienti per 2:
250 g circa di silk tofu compatto*,
5 cucchiai rasi di amido di mais,
1 cipollotto fresco tagliato a rondelle,
1 cucchiaio raso di semi di sesamo tostati,
abbondante olio di semi di arachide,
Per il brodo:
3-4 funghi shitake secchi**,
4 cm di alga kombu,
1 cucchiaio di salsa di soia,
300 ml d'acqua.
Preparate il (non)dashi: mettete in ammollo per qualche ora i funghi shitake e l'alga kombu, ben puliti, nell'acqua fredda; mentre friggete il tofu, aggiungete la salsa di soia, portate a ebollizione, spegnete subito e poi filtrate con un colino.
Versione veloce: portate a ebollizione l'acqua fredda con gli shitake e la kombu, fate sobbollire, coperto, per 10 minuti, e aggiungete poi 2 cucchiai di salsa di soia.
Preparate il tofu: tagliatelo a pezzettoni di 2 cm stando attenti a non sfaldarlo; un buon metodo è capovolgere il panetto di tofu sul palmo della mano e tagliarlo sempre sul palmo, senza spostarlo (poggiandolo su un tagliere, vi si appiccica e diventa difficile poi staccarlo senza romperlo!).
Mentre riscaldate abbondante olio di semi in un pentolino alto e stretto, "inamidate" i pezzi uno per uno, su ogni lato; friggeteli a immersione facendo attenzione a non farli attaccare tra loro, smuovendoli con delle bacchette di legno, specie nei primi secondi di cottura; dopo 2 minuti, quando sono croccanti, toglieteli dall'olio e scolateli su carta da cucina.
Disponete il tofu in ciotole basse e larghe, bagnate col (non)dashi, rigirando più volte in modo che la crosta di amido si ammorbidisca e insaporisca, e cospargete con cipollotto fresco tagliato a rondelle e semi di sesamo tostati.
*Il tofu che abbiamo usato in questa ricetta è il silk tofu (o kinugoshi tofu) compatto, che è molto più morbido (quasi gelatinoso) del tofu "commerciale" che si usa abitualmente. Si trova nei negozi specializzati in cibi orientali, in quelli di alimentazione naturale, oppure chiedendo in un ristorante cinese di fiducia un panetto di tofu “crudo” e non condito (solitamente lo servono con zazai e/o salsa di soia, ma a voi serve proprio in bianco).
**Se non avete i funghi shitake, usate i porcini secchi: qualcuno dice che il profumo ricorda quello del katsuobushi!
Guardando la
fotografia scattata al ristorante giapponese, possiamo dire di essere davvero soddisfatti del risultato: la consistenza è esattamente la stessa, e il sapore c'è tutto. Per me che amo i fritti, poi, è una vera bontà!
Bene, mi auguro che la ricetta vi piaccia, e spero che la lunga assenza non mi abbia arrugginito troppo le dita... se così fosse siate clementi, tornerò in forma presto.