Avrei voluto fotografare la mia Sojafit subito dopo l'acquisto, quando era bella, immacolata e senza un graffio. Adesso, dopo qualche settimana di utilizzo, sembra... giudicate voi!

Sono certa che con una passata di aceto o acido citrico tornerebbe a splendere, ma dato che non la faccio partecipare alla sfilata nazionale delle Sojafit mi evito volentieri questa fatica. E' già abbastanza impegnativo darle una nomale "pulita"!
Ora per favore ignorate le opacità dell'aggeggio e l'orribile riflesso del mio top arancione sulla superficie dello stesso, e concentratevi sulla descrizione delle componenti. Grazie.


Questo è l'aspetto della Sojafit montata di tutto punto (manca solo il cavo elettrico che dovrebbe sporgere dalla parte posteriore del cervellone, ma mi ero dimenticata di inserirlo).
Il cervellone è la parte elettronica dell'aggeggio, contenente il micro-computer (o qualsiasi cosa sia) che regola le diverse funzioni, e non va assolutamente bagnato (anche se io lo bagno lo stesso, sui lati, per scrostare la pappa di soia - ma facendo tanti tanti scongiuri ed evitando accuratamente che entri acqua "dentro". Essendo tutto sigillato, non penso sia un problema). A sinistra c'è la feritoia attraverso la quale, tolto il tappo, si introducono i semi.

Questa è la parte superiore della Sojafit. Al centro, le lame che tritano i semi (
molto affilate, non vi tagliate le dita quando le pulite); in alto a sinistra il sensore che controlla il livello dell'acqua e impedisce che il liquido trabocchi; a destra, il sensore per la temperatura. La serpentina invece è la resistenza che scalda l'acqua e tiene il latte vicino all'ebollizione. Si intravede anche l'attacco del cavo elettrico del cervellone, in quella che io considero la sua "parte posteriore".
Quando il liquido è troppo o troppo poco, oppure la serpentina non funziona e non scalda l'acqua a dovere, la macchina emette un segnale di allarme (verificate periodicamente l'effettivo funzionamento dei sensori).

Qui ho montato il filtro alla macchina, avvitandolo nelle apposite scanalature. Dopo aver compiuto questa operazione, si possono "caricare" i semi, rigorosamente dall'alto (non mettete i semi nel cestello, altrimenti urteranno contro le lame e non riuscirete ad agganciarlo... e poi la carica dall'altro è così comoda! C'è un unico inconveniente: dato che la feritoia è un po' stretta i fagioli si potrebbero accumulare tutti nello stesso punto creando un blocco, ma basta inclinare l'apparecchio per sparpagliarli e torna tutto regolare).

I due filtri messi a confronto: a sinistra il filtro A (per i fagioli di soia), a destra il filtro B (per gli altri tipi di semi).
La differenza di trama non è enorme, ma si rivela sostanziale nella preparazione del latte. Il filtro A ha davvero i buchi troppo stretti e non riesco a capire come pretendano di farlo funzionare con i fagioli di soia... Comunque sia, lavate accuratamente il filtro con uno spazzolino da denti o qualcosa di simile, oltre che col sapone e la spugnetta, perché è molto importante tenere i buchi pulitissimi e assolutamente liberi da impurità e incrostazioni.
A proposito di spugnette, avete presente la parte verde delle spugne per piatti, quella che serve per scrostare? In dotazione vi viene dato un panno di quel materiale... mamma l'ha usato per pulire le pentole e si è disintegrato, quindi trattatelo bene, era molto utile.

A sinistra, il misurino fornito in dotazione per calcolare la quantità di semi o fagioli da utilizzare. Non so per quale motivo ci sia un segno anche a 85 g dal momento che, se non sono impazzita, non c'è scritto da nessuna parte di usare 85 g di questo o di quello, neanche nel
foglio di istruzioni per altri latti vegetali. La Sojafit è piena di misteri.
A destra, il tappo della feritoia attraverso la quale si introducono i semi. Come potete vedere, i buchi sono piuttosto piccoli e si otturano facilmente, quindi secondo me usarlo è controproducente. Forse, togliendolo, l'apparecchio fa più fatica a mantenere la temperatura, ma meglio questo che l'effetto geyser! E poi un minimo di sfiato ci vuole, altrimenti dopo il ciclo di preparazione del latte vi ustionate le mani sollevando la parte superiore (a me succede sempre).

L'ultima componente è questo contenitore, che arriva dentro la Sojafit ma va tolto quando essa è in funzione. Servirebbe come supporto per pulire la macchina: si riempie di acqua e ci si infila dentro la parte superiore. Io lo uso per appoggiarla, filtro con l'okara compreso, dopo aver fatto il latte, mentre raffredda; non riesco a usarlo per lavarla, anche perché se ci si infila la macchina non ci entrano più le dita (ma la Sojafit, l'ha progettata lo scienziato pazzo?). Tutto sommato, però, ha una finalità nobile: tenere in ammollo il tutto, così la soia non si incrosta!

Per finire, e concludere questo lunghissimo post, questa bella bottiglia di latte di soia è il risultato delle ultime sperimentazioni. Ho usato fagioli di soia ammollati per 8 ore, non sbucciati (marca
La finestra sul cielo) e poi il programma numero 1 (a caldo), come da istruzioni. Non ho aggiunto niente, né olio né dolcificante, ma la cosa più interessante è che la consistenza, di suo, non è acquosa ma fluida. Non l'ho assaggiato, perché mi serviva per preparare il tofu, ma da adesso in poi, risolti i problemi tecnici, si ricomincia a lavorare sul fattore gusto!