30 aprile 2007

Riepilogo di Aprile

Ecco il riepilogo degli inserimenti di questo mese (triste ed interminabile).

Ricette mie: bucatini all'amatriciana, uova di pasqua, pastiera 2007, orzotto con i funghi, pizza di pasta (o, per dirla alla pleiadi , frittata e maccarun), tartufini al cioccolato e cocco, bocconcini di tofu fritti, maxi seitan, bounty vegan, autoproduzione del tofu e del seitan, cous cous, panini dolci all'uvetta, yassa di tofu, carciofini sott'olio.

Ricette dei lettori: torta alla crema di limoni (di Barbara).

Altri argomenti: finalmente ho costruito il forno solare!
Incontri vegan
Da Paula alla Loba...
Burro di cacao fai da te

Letti questo mese: La cucina etica, Il balcone dell'indipendenza, La mia cucina vegetariana.

Segnalati questo mese: il blog macrobiotico di Arame, il blog di cucina (onnivora) di Francesca, il blog vegetariano e vegan di cyberaisha, il blog gusto vegan, il blog vegan di brucewoland, il blog vegan di Ery, il blog di riboeri wunnish, articolo sul gelato su veganitalia, ancora sul gelato (uno e due), i corsi di cucina segnalati da SSNV.

Mi hanno linkata: buon appetito a te, redroom, colubrina.

ATTENZIONE!
Il trasferimento di Effetti collaterali (che presto verrà cancellato) su Semplicemente Vera è quasi completo; potete trovare le avventure della mia teppista a squama di tartaruga qui (uhm, qualcuno sa dirmi perché non vengono visualizzati proprio tutti tutti i post?).
Ho messo un'etichetta ai post a lei dedicati per facilitare la consultazione, ma dovrete aspettarvi delle intrusioni prossime venture perché ci sono un po' di aggiornamenti di cui parlare.

Altre cose importanti: il riepilogo dello scorso mese, il mega post del seitan, il mio CD di ricette pro ADDA (versione lunga e breve), cercasi collaboratori, indagine sui vegetariani italiani (ancora in corso).

29 aprile 2007

Burro di cacao fai da te

Spiacente di deludere eventuali golosoni, ma mi sto riferendo allo stick per le labbra, non al cioccolato.
Sono secoli che cerco un burro di cacao vegan e "verde", ma fino ad ora la mia ricerca è stata infruttuosa.
Lo scorso inverno avevo ripiegato sul 4 burri dell'Erbolario (burro di cacao, di Karitè, di Mango, e di Illipe), buono dal punto di vista dell'INCI ed efficacissimo, ma purtroppo non 100% cruelty free: contiene cera d'api, e l'erbolario garantisce solo i prodotti finiti come non testati su animali. Inoltre non c'erano garanzie sulla provenienza di questi burri esotici...

Avevo trovato poi alcuni burri cacao vegan in commercio on line: lo stick alla vaniglia Druide, limonami e spupazzami di Lush.
Mi stavo per decidere, a malincuore, ad acquistare uno dei tre quando, gironzolando nel famoso negozio di articoli per pasticceria (ma c'è qualcosa che non si trova in questo luogo magico?) ho visto una confezione di burro di cacao.

Senza porre tempo in mezzo, l'ho comprato, mi sono armata della ricetta per burro di cacao del forum sai cosa ti spalmi, e in un sol colpo ho risolto 3/4 dei problemi relativi ai miei cosmetici:
1 essere vegan
2 essere ecologici e biologici
3 essere cruelty free

Mancava il punto 4, ovvero essere, se necessario, del commercio equo e solidale: purtroppo non so da dove venisse quel burro di cacao (che probabilmente non era neanche bio), ma per stavolta ho deciso di tralasciare questo aspetto (tipico caso in cui non si può avere tutto dalla vita!).

[Ho provato ad usare come idratante per le labbra l'olio d'oliva o di mandorle o il karité puro ma non mi trovo bene; inoltre il karité ha un odore molto forte che sulle labbra mi risulta sgradevole.]

Ho lavato i vecchi stick di burrocacao che tenevo conservati da un anno proprio per questo scopo, ho radunato gli ingredienti e mi sono messa all'opera.
Ho sciolto a bagnomaria in un vasetto di vetro 3 cucchiaini (dovevo preparare 3 stick, se preparate uno stick solo un cucchino basterà) di ciascun ingrediente: burro di cacao, di karité e malto di riso. L'olio essenziale non ce l'avevo!
Mentre aspettavo che si raffreddasse, ho foderato l'interno dello stick (fondo compreso) con la carta argentata, come suggerisce Lola; poi ho colato il liquido, che iniziava a rapprendersi, negli stick e dopo qualche minuti li ho messi in frigorifero.

Si sono solidificati alla perfezione, il potere emolliente è buono, forse l'odore del karité è ancora troppo marcato ma basta mettere più burro di cacao e meno karité (o usare un olio essenziale).

Ho un unico problema.
Non riesco più a togliere la carta argentata dallo stick.


PS: A proposito del libro Solo crudo, come mi fanno notare congiuntamente Sara e Stefano, esso è un'opera a quattro mani che va attribuita, appunto, a Sara Cargnello e Stefano Momenté.
Questi sono i momenti in cui mi chiedo che diavolo mi sta succedendo e se non sarebbe il caso di prendermi una interminabile vacanza da tutto.

28 aprile 2007

Carciofini sott'olio

Opera di mammà , adesso abbiamo uno scaffale intero della dispensa disseminata di carciofini sott'olio. A me non piacciono molto, ma è senz'altro un buon espediente per conservare gli alimenti.

Per inciso, sto cercando disperatamente un modo per conservare tofu e seitan a lungo al di fuori del freezer, ma il tofu sott'olio di erbaviola non mi è venuto bene. Idee?

Ingredienti: 1 kg di carciofi, 1 litro di aceto o vino bianco, qualche foglia di alloro, 1 limone, 2 chiodi di garofano, olio d'oliva quanto basta, sale e pepe.
Mondate i carciofi delle foglie esterne dure; spuntate la sommità di quelle rimaste e tagliate il gambo lasciandone 1 cm (tagliuzzate e buttate gli scarti nella compostiera, aggiungo io! E se non ce l'avete, presto arriveranno le istruzioni per costruirla), togliendo i filamenti.
Immergete i carciofi in acqua e succo di limone.
Tagliate i carciofi più grandi a metà; portate a bollore 1 litro d'acqua più l'aceto o il vino (in un recipiente che non sia di alluminio) e unite pepe, alloro, chiodi di garofano e sale.
Quando bolle, immergete i carciofi, fate riprendere il bollore e cuocete a fiamma dolce per 5 minuti.
Scolate i carciofini, poneteli tra due canovacci e lasciateli asciugare su un graticcio; quando saranno asciutti, inseriteli nei vasi con qualche grano di pepe e foglie di alloro e coprite di olio.
Controllate il livello per un paio di giorni, aggiungendone altro se necessario.

PS: la foto dei carciofini c'è, ma è rimasta nella macchina fotografica (dispersa nel nulla).
Quanto sono comica da uno a dieci?

PPS: ieri pomeriggio mi è arrivato un pacco di libri da Macrolibrarsi. Ho ordinato Solo crudo della fantastica Sara Cargnello (Miss Vanilla) e non vedo l'ora di leggerlo e di parlarvene; e Il libro della pasticceria naturale e macrobiotica: per la gioia di Arame e degli altri macrobiotici o vegan salutisti che mi leggono, potrò preparare dolci accessibili anche a loro!

Per fortuna che a queste cose ci pensa anche Ery, proponendo sul suo blog i molinetti vegan.

27 aprile 2007

Yassa di tofu

La yassa è una tradizionale marinata senegalese a base di lime o di limone in cui si immerge il pesce o il pollo prima della cottura.

La ricetta di partenza era una yassa di pesce, e ovviamente, per la gioia di naselli e spigole, l'ho preparata col tofu (sarà il colore, ma mi viene spontaneo associare il tofu al pesce e il seitan alla carne ).
Era buono, ma purtroppo ho dimenticato la padella sul fuoco e si è carbonizzato quasi tutto.
A proposito, la mancanza di foto negli ultimi post è dovuta a due fattori:
1. Non riesco, per i motivi più disparati, a ottenere piatti un minimo fotogenici.
2. Non trovo più la macchina fotografica. Lo so, lo so che è in casa. Il problema è capire dove.

Ingredienti per 4: 500 g di tofu (affettato abbastanza sottilmente, e nel senso della lunghezza), 3 limoni, 100 ml di aceto, 1 cucchiaino di grani di pepe, olio di semi di arachidi, 3 cipolle, farina 00.
Spremete i limoni e versate il succo in una pirofila di ceramica; aggiungete l'aceto, il pepe e 2 cucchiai di olio. Sbucciate e affettate a rondelle sottili la cipolla; aggiungetele alla marinata e poi immergete le fettine di tofu. Lasciatele marinare per 6 ore, rigirando di tanto in tanto.
Estraete il tofu dalla marinata, sgocciolatelo e asciugatelo; scolate anche la cipolla, tenendola da parte, e conservate la marinata.
Infarinate in un piatto le fette di tofu, togliete la farina eccedente e dorate per 10 minuti a fuoco medio in una padella con 3 cucchiai di olio di semi. Mettete da parte in una pirofila.
Versate nella padella la cipolla affettata; dopo 5 minuti aggiungete nuovamente il tofu e bagnate con la marinata. Cuocete, a pentola coperta, per 10 minuti su fuoco lento.

La yassa andrebbe servita con del riso preparato nel seguente modo: scaldate 2 cucchiai d'olio d'arachidi in padella, fatevi tostare 4 tazzine da caffé di riso e poi versate 8 tazzine da caffé di acqua calda. Lasciate bollite per 20 minuti, togliete dal fuoco e dopo qualche minuto di riposo, servite in una ciotola a parte.

EDIT: oggi, 13 luglio 2008, ho aggiunto la foto. Non sarà meravigliosa, ma almeno rende l'idea!

26 aprile 2007

Panini dolci all'uvetta

Qualche giorno fa avevo accennato al suicidio (e seguente scabrosa parziale resurrezione) della mia pasta madre.

Per fortuna Roberta è intervenuta a salvarmi, inviandomi un pacchetto contenente un panetto appiccicoso dall'aspetto e dall'odore decisamente gagliardi.
Mamma sostiene che profumi di birra (ubriacona!), io non sono d'accordo: non so accostare a nient'altro quell'odore, un odore forte e secco, penetrante ma gradevole, particolarissimo, quasi inebriante.

Ho immediatamente praticato la rianimazione del suddetto panetto, che si è perfettamente ristabilito e adesso gorgoglia amabilmente nel frigorifero (dove spero resterà per molti, lunghi anni). Non vi parlerò oggi della nascita, della crescita e del comportamento della pasta madre, vorrei prima raccogliere idee e informazioni e chiedere aiuto a chi ne sa più di me; per ora salterò subito al dunque con un'ottima ricetta consigliatami da Roberta.
Grazie alla sua generosità e gentilezza ho potuto farmi una scorpacciata di deliziosi panini all'uvetta.*

Ingredienti: 500 g di farina (metà 00 e metà manitoba), 100 g di zucchero di canna, 200 g di pasta madre, 200 g di latte vegetale, 50 g di olio di semi di mais, uva passa, un pizzico di sale, 1 cucchiaio di malto di riso, 50 g di acqua.
Sciogliete la pasta madre nel latte (entrambi devono essere freddi di frigorifero); aggiungete l'olio, il malto, lo zucchero, il sale e la farina. Impastate bene, aggiungendo poco per volta l'acqua se necessaria (a me non è servita). Per ultime incorporate uvette a volontà.
Lasciate lievitare 8 ore circa, quindi riprendete l'impasto e senza lavorarlo troppo formate dei panini grossi come una pallina da tennis. Disponeteli su un foglio di carta forno e lasciate lievitare altre 3-4 ore coperte con un canovaccio.
Scaldate il forno a 180°, mettete sul fondo una ciotola d'acqua. Spennellate le palline con del latte e cuocete per 25 minuti circa.

Impressioni. I panini erano davvero buonissimi, anche se consiglio di dimezzare le dosi perché ne vengono fuori troppi!
Sono entusiasta della pasta madre; è meraviglioso annusarla, manipolarla, guardarla modificarsi; si ha la sensazione di rapportarsi con qualcosa di vitale e positivo e in un certo senso ti fa pure compagnia. Devi ricordarti di "darle da mangiare" tutte le settimane altrimenti si deprime, ma se la tratti bene ti ricompensa abbondantemente dei piccoli sforzi!

In 21 anni della mia vita non sono mai riuscita a "far lievitare finché raddoppia" alcunché, usando i lieviti tradizionali; invece con l'aiuto di questo allegro panetto è stato facilissimo; pertanto, lo ammetto.
Sono diventata pasta-madre-dipendente.

*uhm, non serve mica dirvi che la metà dei panini se l'è mangiata mia madre mentre non guardavo?

25 aprile 2007

Da Paula alla loba...

Credo che sia cominciato con Paula, ma non escludo che qualche spunto ci fosse già in Pomodori verdi fritti al caffé di Whistle Stop.
Se devo essere del tutto sincera, però, senz'altro le radici affondano nel mio animo da molto tempo, si sono sviluppate mentre io crescevo, e ben presto ciò mi ha insegnato a scovare quelle tracce praticamente ovunque, anche nei luoghi più impensabili, probabilmente perfino dove non ce n'erano, ma mi ostinavo a volerle vedere.

Le tracce, che inizialmente mi sorprendevano, facendosi più frequenti mi sono divenute abituali; talmente familiari che ormai mi portavano a qualcosa che non poteva più essere casuale, ma stava diventando assolutamente conscio, voluto, e ricercato da parte mia.

Non erano più soltanto tracce, erano messaggi a me destinati.


Potrei dire che era la loba a chiamarmi. Mi piacerebbe crederlo vero, ma forse sarebbe presuntuoso da parte mia.
Piuttosto, probabilmente ero io stessa a cercare disperatamente le sue orme, a tentare di seguirle perché mi conducessero... dove?
Nuovamente al mio branco?
Senz'altro a me stessa.


Per prima, dunque, fu Paula a parlarmi, tramite sua madre Isabel, Isabel Allende.
Io non sapevo, mentre sfogliavo le pagine di quel libro, che Paula era morta dieci anni prima. Non mi era stato detto. In quel momento per me c'era solo il dolore, comunque straziante, di una madre che teme di perdere la figlia e tenta di tenerla attaccata alla vita narrandole la storia della sua famiglia.
Serviva una trama fittissima di ricordi per evitare che la sua "bambina" si smarrisse distaccandosi dal suo mondo e dalla sua esistenza, perché non si sentisse un'estranea nel suo corpo, se mai vi avesse fatto ritorno. Era un'àncora di salvezza accanto a quel letto d'ospedale e nelle camere d'albergo in cui Isabel soggiornava.
Sua figlia non potè beneficiarne, perché morì senza mai riemergere dalla notte buia del coma; io, invece, bevevo ogni parola come una linfa, trasformavo in nutrimento e in energia quella storia a me estranea, che non mi apparteneva.
Isabel Allende, famosissima sconosciuta, e Paula, giovane donna dalla vita eccezionale ormai stroncata, mi hanno trasmesso alcune delle più importanti lezioni di vita che io abbia mai ricevuto.

Quello che ho appreso dallo splendido libro di cui vi sto parlando, lo posso riassumere nella parola "forza".
Per me, l'essenza di quella donna straordinaria che è la Allende (la Allende in bilico tra romanzo e spunti autobiografici) è proprio la forza, la tenacia con cui trova sempre nuove energie per non arrendersi, serbando però il coraggio di abbandonarsi agli eventi quando non c'è alternativa praticabile. Piegarsi nella tempesta se necessario, rialzarsi ben dritta se possibile. Non è forse il modo più saggio di vivere la vita?
Proseguendo nella lettura, scoprivo in me una determinazione impensata, una spinta a non scoraggiarmi e a non disperare di poter sempre cambiare le carte in tavola, se l'avessi voluto: certo, pagando un caro prezzo, rischiando molto, mettendo a repentaglio tutto - sicurezza, abitudini, tranquillità - ma Isabel mi ha aiutata a capire che si può ricominciare da capo, tornare indietro se si imbocca il sentiero sbagliato, perché anche se a volte sembra che sia la fine, nulla è perduto finché si ha ancora fiato nei polmoni, la determinazione per camminare, e il coraggio di scegliere la propria strada.

La strada per tornare al branco, che è il posto dove si può essere se stessi.
Anzi.
Se stesse.

Perché solo voci di donna ho incontrato, in questo mio cammino; voci di donna alle donne rivolte. Voci che parlavano la mia stessa lingua, una lingua (oserei dire) antica, ancestrale, primitiva ma anche fortemente, terribilmente attuale.

E' qui che entra in gioco la loba: l'incontro con Paula, e probabilmente la conoscenza di quella mezza matta di Idgie Threadgoode, mi avevano preparata ad ascoltarla: rendendomi consapevole della sua esistenza, e poi smaniosa di ritrovarne le tracce, e infine desiderosa di comprenderne le parole.

Una leggenda texana narra la sua storia.

"C'è una vecchia che vive in un luogo nascosto che tutti conoscono ma pochi hanno visto, pare in attesa di chi si è perduto, di vagabondi e cercatori.
E' circospetta, spesso pelosa, sempre grassa, e desidera evitare la compagnia. Emette suoni più animaleschi che umani. Dicono che viva tra putride scarpate di granito nel territorio indiano di Tarahumara. Dicono che sia sepolta alla periferia di Phoenix, vicino ad un pozzo. Dicono che è stata vista in viaggio verso il monte Alban su un carro bruciato, con il finestrino posteriore aperto. Sta accanto alla strada poco distante da El Paso, dicono. Cavalca impugnando un fucile da caccia insieme ai coltivatori di Morelia. L'hanno vista avviarsi al mercato di Oaxaca con strane fascine sulle spalle.
Ha molti nomi: la Huersera, la donna delle ossa; la Trapera, la raccoglitrice; la Loba, la Lupa. L'unica occupazione della Loba è la raccolta delle ossa. Raccoglie e conserva in particolare quelle che corrono il pericolo di andare perdute per il mondo. La sua caverna è piena delle ossa delle più varie creature del deserto: il cervo, il crotalo, il corvo.

Ma si dice che la sua specialità siano i lupi. Striscia e setaccia le montagne e i letti prosciugati dei fiumi, alla ricerca di ossa di lupo, e quando ha riunito un intero scheletro, quando l'ultimo osso è al suo posto e la bella scultura bianca della creatura sta di fronte a lei, allora siede accanto al fuoco e pensa a quale canzone cantare. E quando è sicura si leva sulla creatura, solleva su di lei le braccia e comincia a cantare. Allora le costole e le ossa delle gambe cominciano a coprirsi di carne e le creature si ricoprono di pelo. La Loba canta ancora, e quasi tutte le creature tornano alla vita. Con la coda ispida e forte che si rizza. E ancora la Loba canta e il lupo comincia a respirare. E ancora la Loba canta così profondamente che il fondo del deserto si scuote, e mentre lei canta il lupo apre gli occhi, balza in piedi e corre lontano giù per il canyon.
In un momento della corsa, o per la velocità, o perché finisce in un fiume, o perché un raggio di sole o di luna lo colpisce alla schiena, il lupo è di un tratto trasformato in una donna che ride e corre libera verso l'orizzonte.
Così si dice che se vagate nel deserto, ed è quasi l'ora del tramonto, e vi siete un po' perduti, e siete stanchi, allora siete fortunati, perché forse la loba può prendervi in simpatia e mostrarvi qualcosa - qualcosa dell'anima.

Tutti noi cominciamo come un mucchietto di ossa abbandonate nel deserto. Sta a noi recuperare le parti. La Loba canta (usa la voce dell'anima) sulle ossa per scendere nell'amore grande e nel sentimento. Non possiamo scoprire questo grande sentimento di amore da un amante, perché si tratta di un lavoro solitario.
La Loba conserva la tradizione femminile. La Loba, la vecchia, colei che sa. E' l'antica e vitale donna selvaggia, che è una forza indomita che porta un dono di idee, immagini e particolarità all'umanità."

La loba canta, canta il suo canto hondo e il canto profondo, l'ululato selvaggio, mi ha stregata.
Stregata. Strana coincidenza l'aver utilizzato, senza pensarci, questa parola, decisamente calzante però.

A lungo andare, mentre leggevo della loba, di Vassillissa, della Llorona e di altre storie, cominciavo a sentire quel profondo canto proveniente dai dintorni; percepivo un respiro dietro di me, scorgevo con la coda dell'occhio l'ombra della lupa che mi seguiva. Ho avuto paura, ma poi ho iniziato a mettere insieme i pezzi, a capire il senso di tutte quelle tracce; ho imparato a parlare lo stesso misterioso linguaggio de La que sabe, Colei che sa, intrecciandovi un muto dialogo.

Percepivo una presenza forte che mi accompagnava, che mi invitava a ringhiare, a difendermi, a lottare, ad assalire, a ululare. E col tempo ho sentito il bisogno vitale di rispondere all'ululato selvaggio, era fondamentale imparare a comportarmi come la loba suggeriva: imparare a tempo debito a nutrirmi, dissetarmi, riposare, fare l'amore, soprattutto essere creativa: alimentare ciò che doveva crescere e abbandonare ciò che doveva morire.

Ascoltare il canto dentro di me.

Quale prezzo avrei pagato, se avessi zittito quella voce, se fossi rimasta sorda al canto?

Racconta la Estes di una donna che, pur sentendolo, non riusciva a seguire il richiamo della loba, e si trascinava in un'esistenza solitaria e sterile. Pose fine alla sua vita, con una rivoltella, mentre la sua famiglia era assente, ma non prima di aver tirato a lucido i pavimenti di casa.
La Estes commenta che non serve spiegare altro: ogni donna sa perché, prima di uccidersi, diede la cera ai pavimenti. E con un filo di sgomento mi resi conto che lo sapevo anch'io.


Non è facile dare ascolto alla loba: parla un linguaggio antico e oscuro, e propone scelte audaci, faticose da sostenere. Ma non è neanche possibile zittirla. Impossibile non ascoltarla.

Se la vostra loba si è risvegliata, esigerà attenzione e lo farà con durezza, con la costanza paziente di chi ha tutto il tempo, per spingervi nella giusta direzione.


Il passo successivo, per me, è stato la Dea, ma questa è un'altra storia.


A proposito di Paula e Isabel:
Paula
Isabel
Il pesa nervi

Su Idgie, Ruth e gli altri:
Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop
Evelyn
Il film

La loba:
Donne che corrono coi lupi
Donn(ol)a
La donna selvaggia
Clarissa Pinkola Estes
Raccontare

24 aprile 2007

Cous cous

Ingredienti per 4 persone: 200 g di ceci secchi, 200 g di seitan molto saporito, una manciata di prezzemolo, 1/2 cipolla, 1 patata, 1 carota grande, 2 pomodori, 1 melanzana piccola, 2 zucchine, 350 g di couscous, olio extravergine d'oliva, sale, pepe, 2 spicchi d'aglio, un pizzico di cannella in polvere, un pizzico di zafferano, 1/2 cucchiaino di zenzero in polvere.

Mettete a bagno i ceci secchi per tutta la notte (se usate quelli in scatola saltate questo passaggio), poi scolateli. Tagliate il seitan in pezzi grossi circa 3 cm; tritate il prezzemolo e la cipolla; sbucciate la patata e la carota; pelate i pomodori dopo averli sbollentati. Le verdure, se non sono molto grandi, vanno lasciate intere, altrimenti si tagliano a metà. Lavate la melanzana e le zucchine e tagliatele in grossi pezzi senza pelarle.
Utilizzando un colino dai buchi piccoli, lavate e scolate 350g di couscous; versatelo in una terrina e mescolatevi un cucchiaio di olio e un pizzico di sale.
In una pentola piuttosto alta, riscaldate 5 cucchiai di olio extravergine d'oliva; aggiungete il seitan e fatelo dorare per cinque minuti. Aggiungete l'aglio intero, il prezzemolo, la cipolla e le spezie: cannella, zafferano, zenzero, pepe; aggiustate di sale.
Versate nella pentola 2 litri d'acqua e portatela a bollore; a questo punto aggiungete le verdure: la carota, la patata, i pomodori, la melanzana, le zucchine, i ceci.
Rimettete il couscous nel colino e poggiatelo sulla pentola per 15 minuti; poi versatelo nella terrina, aggiungete 200 ml d'acqua, un cucchiaio di olio e un pizzico di sale. Ripetete l'operazione per tre volte in tutto (serve a cuocere i grani omogeneamente, evitando che si attacchino).
A questo punto sia il couscous che le verdure dovrebbero essere cotti. Distribuite il couscous nei piatti, tagliate le verdure a pezzi più piccoli e disponetele sul couscous insieme ai pezzi di seitan; coprite col brodo di cottura.

Tanto per esagerare, ho deciso di versare sul couscous anche un cucchiaino di harissa (preparata frullando 6 peperoncini, 2 spicchi d'aglio, un pizzico di cumino, 3 cucchiai d'olio e un pizzico di sale): pessima idea, era talmente forte che mi ha narcotizzato le papille gustative, e tutto l'ottimo sapore del couscous è svanito in una nuvola di fumo...

23 aprile 2007

La mia cucina vegetariana

Ne avevo sentito parlare insieme a un'altra rivista, La cucina vegetariana, di cui scrissi qualche mese fa. Quel primo acquisto, purtroppo, mi lasciò abbastanza insoddisfatta; al contrario devo dire che questo periodico trimestrale ha incontrato tutta la mia approvazione (bizzarro, se si considera che la redazione è la stessa).

L'ho trovato per caso: nello scaffale inferiore dell'angolo più buio di una cartoleria, ho scorto a stento questa copia stropicciata della rivista, risalente a un anno fa; si tratta della prima uscita (relativa a maggio / giugno / luglio 2006), immediatamente l'ho acquistata e appena tornata a casa mi sono data alla lettura.

Per prima cosa mi ha colpito la puntualizzazione: La mia cucina vegetariana - ricette e curiosità per vegetariani e vegan. Un particolare non di poco conto!

Sfogliando le pagine vi ho trovato cose che mi aspettavo, e altre che non mi aspettavo.
Mi aspettavo le indicazioni di prodotti per vegetariani più o meno "alla moda", ma tutto sommato utili per veg* alle prime armi; mi aspettavo anche la rassegna di articoli, news, segnalazioni generiche sul mondo vegetariano e dintorni (non sempre pertinenti). Ammetto anzi di essere rimasta stupita per la brevità dello spazio ad esse dedicato, il che a mio parere depone a favore della rivista.

Non mi aspettavo, in pratica, tutto il resto. Ovvero una pubblicazione molto curata sia nella veste grafica (assolutamente chic) sia nei contenuti, che investono una vasta gamma di argomenti: ricette "monografiche", in questo caso dedicate alla zucca, al cavolo, alle patate eccetera; menù completi per inviti a cena e party informali; un dossier sull'India, la patria del vegetarismo, e uno sui sostituti vegetali della carne; studi sull'aspetto salutistico del vegetarismo; consigli sull'utilizzo culinario delle erbe selvatiche e dei fiori...
Mi ha stupita questo taglio molto particolare della rivista, che mescola tradizione contadina e portate raffinate, ricette etniche e stuzzichini appetitosi; ancor più mi ha sorpresa l'attenzione tutta vegan nella scelta e nella trattazione degli argomenti: niente a base di uova o latticini, tutto completamente vegetale o comunque facilmente sostituibile con prodotti vegetali.

Mi dispiace molto non aver trovato altrove La mia cucina vegetariana, in un anno di ricerche è la prima volta che l'adocchio. E' stampata a Milano dalla Edigamma Publishing, quindi forse per voi risulterà più semplice reperirla. Acquistatela, se ne avete la possibilità: il prezzo di copertina è di 4.90 euro, la pubblicazione è trimestrale e mi è balzata all'occhio come una vera, preziosa chicca per tutti coloro che sono vicini a un'alimentazione vegetariana e, ancor più importante, vegan.

Come mi piacerebbe potermici abbonare!

22 aprile 2007

Segnalazioni

Giornata dedicata alle segnalazioni!

Non ricordo se avevo già segnalato il blog di francesca, forse sì... Comunque fatele visita!
Sicuramente era stato già segnalato, ma vale la pena di riproporlo, il blog di cucina vegetariana e vegan di cyberaisha, tornato in attività dopo un periodo di riposo.
Il blog gusto vegan l'ho trovato non ricordo come (suppongo mentre gironzolavo per il web), anche se non è aggiornato da un po' può offrire spunti interessanti. Freschi freschi di pubblicazione sono invece i blog di bruce (per adesso c'è una sola ricetta ma spero che presto se ne aggiungano delle altre) e di Ery.

Mi sono stati segnalati due siti dedicati al gelato vegan: all creation e vegan ice cream.

Redroom e colubrina recentemente mi hanno linkata, ringrazio entrambe sperando che tornino spesso a farmi visita.
Concludo le segnalazioni con wunnish, uno spazietto interessante dedicato a cose interessanti (scritto da una persona interessante, diciamolo).

Ah, già: tenete d'occhio la pagina dei corsi di cucina vegan e vegetariana presente sul sito di SSNV: sono stati inseriti dei nuovi appuntamenti.


Troppo laconica?
Sto conservando le parole per un post molto importante (e lungo!) che spero di inserire presto.

21 aprile 2007

Sull'autoproduzione del tofu (e del seitan)

Ormai, ve l'ho detto, ci sto prendendo gusto a preparare il tofu; così l'ultima volta ho deciso di costruire una sorta di "formina" per ottenere un panetto rettangolare, invece della solita massa informe.
Ho utilizzato una vaschetta per alimenti, in alluminio; ne ho forato il fondo con un coltello per permettere al liquido di colare via e poi ho versato dentro i fiocchetti di tofu.
Ha funzionato bene!
Purtroppo non ho ancora trovato un coperchio adatto a mettere sotto pressione il tofu, ho usato i soliti pacchi di riso sottovuoto; ma poter tagliare il mio "formaggio di soia" in fette che avessero la forma di fette è stato molto soddisfacente!

E a questo proposito...

So bene che, per quanto possa ripeterlo, e ripeterlo, e ripeterlo, non mi crederete, ma preparare in casa tofu e seitan non è difficile.
Sono assolutamente convinta che sia una operazione alla portata di chiunque e vantaggiosa sotto numerosi aspetti: il prezzo viene abbattuto; siete svincolati dagli orari del negoziante e da eventuali ritardi di consegna; potete controllare con sufficiente sicurezza la qualità del prodotto; avete la totale libertà di scegliere la quantità da preparare, e farlo in qualsiasi momento; gli imballaggi del prodotto vengono drasticamente ridotti, alleviando i problemi di smaltimento.


So che può sembrare una impresa ardua, ma credetemi, non lo è.
Vi fidate di me? Siete entusiasti delle ricette che posto ogni giorno? Siatelo anche quando vi offro gentilmente il segreto del mio seitan deluxe e del tofu buono "quasi" al naturale.

Forse pensate che io abbia chissà quale tocco magico col cibo, ma non sono sicura che sia così. Mi piace manipolarlo, certo, e trasformarlo, ma ovviamente non tutte le ciambelle riescono col buco.

Mi ricordo i primi pasticci con acqua e farina: la prima volta ho quasi otturato il lavandino, la seconda ho preparato una deliziosa spugna fradicia, la terza un pezzo di cartone bagnato. Quando ho messo in pentola l'instant seitan ne ho estratto una palla elastica effetto "gomma da masticare" (però senza bolle).

I primi due esperimenti col tofu mi hanno resa furiosa: prima mi avevano spergiurato che farlo cagliare col limone era lo stesso che utilizzare il cloruro di magnesio (balle!). Poi quando ho comprato il cloruro di magnesio non ne voleva sapere comunque di cagliare.
Stavo per lanciare il maledetto frullatore dalla finestra.

Insomma, non faccio miracoli, però insisto e a forza di sbagliare accumulo esperienza. Esperienza che vi offro su un piatto d'argento.

E' stato tutto (o quasi) calcolato, ogni incidente già arginato, ogni difficoltà prevista; avete un elenco completo di ingredienti e attrezzature necessarie, istruzioni dettagliatissime, la possibilità di porre domande e la soddisfazione di bestemmiare la diretta responsabile (io) in caso di fallimento.

State ancora a tentennare?


C'è un solo modo sicuro per non avere successo con queste ricette: andare troppo di fretta. E non perchè sia necessario molto tempo per portarle a termine, ma soltanto perchè le prime volte si è un po' impacciati, timorosi, non si sa bene come muoversi, e allora è meglio avere a disposizione un intero pomeriggio e una cucina tranquilla prima di iniziare a trafficare.
Poi vedrete che andrà tutto liscio, col tempo acquisirete confidenza e sarà tutto più facile e veloce.

Ci vuole solo pazienza, ci vuole calma, sangue freddo. Un pizzico di voglia di rischiare e di avventura. Fiducia nelle vostre capacità, voglia di giocare come bambini, senza pensare.

Fidatevi di me.

20 aprile 2007

Bounty vegan (forse)

Esperimento riuscito parzialmente: mamma si è mangiata tutto prima che potessi versare il secondo strato di cioccolata...

Ingredienti: farina di cocco (o scaglie di cocco, è lo stesso), cioccolato fondente (del commercio equo), malto, acqua.
Versate un cucchiaio di acqua su 5 cucchiai di farina di cocco, facendo assorbire bene: la farina deve "legarsi" e compattarsi. Aggiungete un cucchiaione o due di malto e mescolate.
Stendete la "pasta" di cocco su carta da forno formando un rettangolo stretto e lungo.
A bagnomaria, sciogliete 50 g di cioccolato fondente; versatelo lentamente sul cocco e lasciate solidificare.

Tecnicamente a questo punto bisogna rivoltare il rettangolo e versare il cioccolato sotto.
Mentre aspettavo che lo strato superiore solidificasse, mi sono allontanata dalla cucina; quando sono tornata il cocco era sparito e mamma masticava in modo sospetto.

Penso che il bounty sarebbe riuscito bene: anche se avevo avuto qualche difficoltà a stendere la cioccolata (se si cerca di "spalmarla" sul cocco, la farina si stacca dal rettangolo per attaccarsi al coltello; è meglio versare sopra la cioccolata e poi togliere le eccedenze) non credo sarebbe stato difficile ricoprire anche la parte inferiore, una volta solidificatosi il cioccolato.
Probabilmente con l'ausilio di un qualche stampo in cui versare il cocco da ricoprire l'operazione risulterebbe più semplice, ma non conosco attrezzi simili...
Sicuramente da provare, magari "tagliando" il cocco a quadratini più piccoli oppure utilizzando qualcosa (non so cosa) come legante.

E adesso dite la vostra!

19 aprile 2007

Maxi seitan (con foto)

Somiglia vagamente a una mortadella di un chilo e mezzo... E' la mia ultima creazione: un pezzo di seitan enorme ottenuto dalla lavorazione di tre chili di farina (come sempre 50% integrale e 50% manitoba, ormai mi trovo bene con questa proporzione).

Io non l'ho ancora assaggiata, ma l'ho distribuita un po' in giro e chi l'ha provata ha detto che era il seitan migliore che avessi mai preparato.



Il procedimento seguito è stato il solito, l'unica differenza è l'aver cotto il glutine nel brodo di sohyu e zenzero al quale avevo aggiunto, però, un dado da brodo biologico, e più o meno un pizzico di ciascuna delle spezie presenti in casa mia (quindi: una foglia di curry, curry in polvere, curcuma macinata, pepe nero in grani e in polvere, peperoncino in polvere, coriandolo).
Poi lo avevo avvolto e legato, utilizzando, questa volta, un fazzoletto di stoffa.


Lavorare così tanta farina non è stato semplicissimo.
Per prima cosa mi sono dovuta procurare una insalatiera di dimensioni adeguate. Ho regolato la quantità di sale in proporzione, poi ho impastato...
Più che la brava massaia sembravo uno scaricatore di porto!

Ho avuto qualche difficoltà perchè l'insalatiera, ovviamente, nell'acquaio non ci entrava... so che sembra follia, ma dato che mi trovo meglio a produrre seitan in grandi quantità, stavo pensando che la prossima volta dovrei provare a impastare con l'insalatiera posta nella vasca da bagno... l'amido lascia la pelle morbidissima e sarebbe un modo per evitare di sprecarlo... chissà se riuscirei nel tentativo.
Comunque, a forza di impastare, il glutine ha iniziato a ridursi e ho potuto lavorarlo in una insalatiera più piccola!

Alla fine ho ottenuto la solita pallina appiccicosa che somiglia un pochino a un cervello... fa impressione, lo so, però è così che deve essere!
Nel glutine della foto c'è ancora un po' di crusca, di solito ne tolgo la maggior parte ma mai tutta perchè ci vorrebbero troppi lavaggi e lì sì che diventerebbe uno spreco di acqua... A proposito, è vero che, come qualcuno fa notare, lavorare il seitan richiede un grande utilizzo di acqua, ma quello che si compra già pronto non subisce forse gli stessi processi?

Dopo tanta fatica e i canonici 40 minuti di cottura, il risultato è quell'enorme... COSO SEITANOSO che vedete in alto. Quanta fatica ma quanta soddisfazione! Seitan a volontà!

IL POST DEL SEITAN

18 aprile 2007

Bocconcini di tofu fritto

Tofu impanato, fritto e godurioso.
Mi sto appassionando al tofu autoprodotto perché, anche se senz'altro non è appetibile come il formaggio, quello fatto in casa ha un sapore decisamente migliore di quello comprato ed è molto versatile, si può mangiare "quasi" al naturale, soprattutto se prima lo si sbollenta oppure, come previsto in questa ricetta, lo si cuoce al vapore.

Ingredienti: tofu a piacere, farina di ceci, farina bianca / pangrattato / fetta biscottata (uno o più di questi ingredienti), olio per friggere.

Tagliate il tofu a dadini e cuocetelo al vapore per 10 minuti. Preparate una pastella densa con acqua, farina di ceci, un pizzico di sale ed eventualmente aromi a scelta. Nel frattempo sminuzzate la fetta biscottata in una ciotola e mescolatela a un cucchiaio di pangrattato e uno di farina.
Riscaldate l'olio in una padella. Scolate e asciugate il tofu, passatelo nella pastella, sgocciolatelo e poi rotolatelo nella panatura. Friggete mescolando spesso finché tutti i lati saranno ben dorati.
Salate a fine cottura.

17 aprile 2007

Caldo?

Anche voi vi state sciogliendo letteralmente nei vestiti?
Sembra che sia improvvisamente arrivata l'estate?
Leggete questo articolo riguardante i gelati su vegan italia e buona rinfrescata!

Tartufini

Qualche giorno fa mi stavo dando agli esperimenti sul bounty vegan autoprodotto; ero quindi in cucina intenta a pasticciare con cioccolato fuso e farina di cocco (ho ancora aperto quel pacchetto della torta cioccococcolatosa).
Dato che me ne avanzava un po', ho realizzato questi bocconcini deliziosi e facilissimi da preparare; l'unico problema è tenere "mamma" lontana dalla cucina finché non saranno solidificati.

Ingredienti: farina di cocco (o scaglie di cocco, è lo stesso), cioccolato fondente (del commercio equo), malto, acqua.

Versate un cucchiaio di acqua su 5 cucchiai di farina di cocco, facendo assorbire bene: la farina deve "legarsi" e compattarsi.
Aggiungete un cucchiaione o due di malto, altrimenti i tartufini risultano amari, e mescolate.
A bagnomaria, sciogliete 50 g di cioccolato fondente e incorporate la farina di cocco. Amalgamate bene, formate delle piccole palline con un cucchiaino e adagiatele su carta da forno. Lasciatele rassodare e permettete a "mamma" di rientrare in cucina.

Chissà perché è impossibile far capire a mamma che se mangerà tutti i tartufini, poi si sentirà male.
In fondo, è pur sempre la stessa donna che mi inchiodava alla sedia finché non avevo mangiato tutte le verdurine schifose che facevano tanto bene.
Tecnicamente è la donna alla quale dovrei affidare i miei figli, un giorno. Però non riesco a convincerla a smettere di far mangiare il salame al gatto.

I genitori, col passare del tempo, diventano inaffidabili? O semplicemente si stufano di opporre resistenza e lasciano perdere con le regole?

Distraetevi con queste considerazioni, e quando tornerete sul pianeta Terra, mamma avrà mangiato tutti i tartufini...

16 aprile 2007

Il balcone dell'indipendenza

Un balcone come luogo per esercitare quote di indipendenza produttiva e per alleggerire il pianeta perfino abitando in città.
Istruzioni pratiche per coltivare ortaggi e frutta, curarsi con erbe e piante, essiccare al sole vegetali e un pane speciale, cucinare con il forno solare autocostruito, fare il compostaggio dei rifiuti organici, raccogliere acqua, nutrire e dissetare uccelli liberi, divertirsi. Tutto su un balcone!

Passo in bottega, avvisto questo libricino, e immediatamente arraffo due copie mentre la mia faccia diventa così: .
Lo leggo tutto nel treno, sono solo 46 pagine, ma dense di parole, di idee, di energia. Un euro è un costo decisamente abbordabile per tutto questo!

Mi ha colpita favorevolmente l'approccio positivo e leggero con cui viene affrontata l'impresa di trasformare pochi metri quadri in un'oasi verde, fresca e viva; il tono allegro e ironico non scalfisce la densità dello scritto, eccezionalmente ricco di suggerimenti e consigli (è incredibile la quantità di argomenti che vengono sfiorati; notevole la capacità della Correggia di esprimere in una singola frase concetti complessi, o di buttare lì idee preziose in due parole, senza spezzare l'andamento della lettura).
I capitoli principali insegnano a coltivare verdura e frutta (proprio così, coltivare degli alberi sul proprio balcone è possibile), curarsi con le erbe, essiccare vegetali vari per l'inverno, preparare il pane esseno (pane crudista!), costruire e utilizzare il forno solare, compostare i rifiuti organici con la compostiera autoprodotta, raccogliere l'acqua piovana per dissetare il proprio "orto pensile", ospitare gli uccelli di passaggio e aiutarli a superare l'inverno... ma non solo: vengono smontate efficacemente tutte le obiezioni sull'inadeguatezza del balcone a questi scopi, sono fornite utilissime dritte per organizzarne al meglio gli spazi; si parla di varietà antiche di frutta e ortaggi, e perfino di stevia; si suggeriscono inoltre letture per imparare a "coltivare" il balcone e siti da visitare per approfondire i diversi argomenti.

Mi ha riempito la testa di idee e progetti; una coincidenza bellissima trovare questo "opuscoletto" proprio adesso che sto disseminando (è proprio il caso di dirlo) il mio balcone di piantine aromatiche, erbette da taglio e quant'altro.
Grazie ai preziosi suggerimenti della sezione Orto, frutteto e giardino di ForumEtici, e al blog di Erbaviola, sto attrezzando a self-service vegetale il mio balcone (nonostante Tarty che mi si addormenta sul crescione, mi mastica il lampone e mi scava nel sacco del terriccio). Spero di poterne raccogliere presto i frutti e spero che l'entusiasmo mio, del forum e della Correggia vi contagi tutti!


Marinella Correggia
Il Balcone dell'Indipendenza
Un infinito minimo

Nuovi Equilibri - Stampa Alternativa
2007
48 pagg
€ 1.00

PS: edito il post per segnalare una recensione del libricino che spero vi invogli ancor più ad acquistarlo.

15 aprile 2007

Pizza di pasta

La "pizza di pasta" è la tipica merenda al sacco che la premurosa mamma napoletana prepara alla prole che si accinge a trascorrere fuori casa la giornata per un picnic.

Solitamente viene preparata utilizzando uova e affettati vari; ovviamente la mia versione è cruelty free e a pasquetta mi ha accompagnata fedelmente nella giornata al mare a Seiano.


Ingredienti per una pizza di pasta piuttosto consistente: 50 g di farina di ceci, sale, pepe, 70 g di spaghetti, due cucchiai di olio extravergine d'oliva.

Preparate la pastella di ceci con sale, pepe e acqua sufficiente a ottenere una pastella densa (aggiungete erbe aromatiche a piacere, se volete). Nel frattempo cuocete gli spaghetti e scolateli.
Riscaldate l'olio in una padella, versate gli spaghetti ben asciutti e coprite con la pastella di ceci, distribuendo bene; schiacciate con una forchetta. Lasciate rassodare, rivoltate almeno una volta la frittata e spegnete la fiamma; quando si sarà raffreddata, avvolgetela nell'alluminio per alimenti (questo accorgimento è indispensabile per poter mangiare la pizza di pasta senza utilizzare le posate!).
Se volete potete aggiungere alla pasta qualche cubetto di affettato vegetale o seitan.

E' buona e sostanziosa; l'unico neo è proprio l'uso di alluminio per alimenti: pensate che potrebbe essere sostituito da qualcosa di riutilizzabile?

14 aprile 2007

News del sabato sera

Non so in quanti se ne siano accorti, ma da un po' di giorni non sto postando (per la precisione l'ultimo post "concreto" è del 10 aprile; il gatto che dorme - spero vi siate accorti che non si tratta di Tarty! - voleva simboleggiare il riposo del blog, e mio, durante questo periodo).

Di cose da dire ne avevo, e parecchie anche; soltanto che improvvisamente non me la sono più sentita di continuare a scrivere come se nulla fosse su questo spazio che è, comunque, legato strettamente alla mia vita privata e personale.

Non riuscivo più a ignorare l'inquietudine che mi attanagliava il cuore e perciò avevo deciso di prendermi una piccola pausa, tuttavia, dato che la separazione dal blog non sta sortendo effetti positivi, trovo inutile prolungarla...

Cerco di mettere un po' di ordine tra le bozze e le idee, e tra domani e lunedì spero di ridare regolarità agli inserimenti. Per evitare di dimenticarmi qualcosa, sappiate che dovrò parlarvi almeno di tartufini di cioccolato e cocco, di bounty vegan, di autoproduzione del tofu, di seitan buono buono buono, di tofu fritto, di compostaggio, di orto su balcone.
Mi spiace rovinarvi la sorpresa, ma con la confusione che mi gira in testa di questi tempi, non voglio rischiare di dimenticarmi nulla.


Ho ricevuto la pasta madre di Roberta e la sto rinfrescando, spero proprio di non farla fuori (ho sbirciato un secondo nel panno: la pasta è raddoppiata e piena di buchi, direi che è viva e vegeta!); ho comprato finalmente spugna e flanella per assemblare gli assorbenti di stoffa; ho acquistato una copia della rivista trimestrale La mia cucina vegetariana e non appena l'avrò letta vi dirò le mie impressioni... Tarty è monella come sempre, ma ormai ci sono così abituata che mi dimentico di raccontarvelo!

Volevo chiedere conferma, a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, del ricevimento del CD di ricette; per favore, fatemi sapere se tutto è filato liscio.

Ultimamente mi sto divertendo a controllare la provenienza delle visite tramite statcounter (anche se non sono certa dell'affidabilità del sistema!).
Credo di sapere chi sia a seguirmi costantemente dal Vermont: sospetto di una Francesca temporaneamente trasferitasi lì per motivi di studio; ma chi è che mi legge così spesso da Jesi?
Chi mi segue a Napoli, dalle parti di via Chiaia?
E per quale motivo continuo a ricevere visite dall'isola di Man, dalle parti di Douglas per la precisione?
Ho perso le tracce di quella persona che navigava da Città del Vaticano, e anche le stranissime visite dal largo della Costa d'Avorio sono terminate da un po'. Ragazzi, non so chi eravate, ma mi mancate!


E questo è tutto; buon fine settimana a tutti, da sopra a sotto e da sinistra a destra.

12 aprile 2007

Da erbaviola.com:
UNA LEGGE DA INTERPRETARE? (L. 16/06)

E’ legale dare come premi a sagre, feste paesane e luna park degli animali ? NO.

In Lombardia NO.

Esiste una legge, l 16/2006, LOTTA AL RANDAGISMO E TUTELA DEGLI ANIMALI DI AFFEZIONE, che recita testualmente:

Art. 3

(Tutela dei modi di vita degli animali di affezione)

4. E’ vietato usare animali come premio o regalo per giochi, feste e sagre, lotterie, sottoscrizioni o altre attività.

5. E’ vietato, altresì, destinare al commercio o esporre cani o gatti di età inferiore ai sessanta giorni.

6. Sono vietati spettacoli, feste, gare, manifestazioni, giochi, lotterie, sottoscrizioni a premi ed esposizioni pubbliche e private che comportino per gli animali maltrattamenti, costrizione o detenzione inadeguata in strutture anguste.

Allora perché in molti luna park ambulanti si continuano a dare pulcini, papere e criceti come premi per il tiro a segno, tenendoli in spazi limititati, in mezzo al caos totale che genera un posto pieno di giostre, bambini urlanti e musica a tutto volume?


Cliccate qui per continuare a leggere, è importante!

11 aprile 2007

PS...

...a tutti coloro che negli ultimi due o tre giorni mi avessero scritto senza ricevere risposta... scusatemi, sono un po' indaffarata, cercherò di sbrigare la corrispondenza al più presto.

Siate pazienti, per favore. ^^

Appello

Fonte: Forumetici.

Rifacendomi ai precedenti post che riguardano il caso di animali dati in
premio in un luna park del pavese e cuccioli maltrattati venduti in un
carrozzone nella stessa manifestazione, il risultato è: a quanto pare
abbiamo sollevato il caso.

Il problema è il seguente: un veterinario della ASL di Garlasco (PV) si è
rifiutato di applicare la legge regionale che vieta di mettere in palio
animali a sagre, fiere e lotterie adducendo come motivazione che la legge
parla di 'animali d'affezione' mentre le papere, criceti e pulcini in
palio sono secondo lui 'animali da cortile'. Si mangiano, quindi si
possono mettere in palio e maltrattare come in questo caso.

La LAV di Vigevano e Lomellina oggi ha avuto un confronto con questi
rappresentanti della ASL e chiede l'aiuto di tutti perchè ALTRIMENTI
POTREBBE STABILIRSI UN DANNOSO PRECEDENTE.

Vi copio di seguito la richiesta di Annalisa della LAV Vigevano e
Lomellina. Annalisa è anche un avvocato e si sta battendo in prima fila
per questo caso e ciò che ne consegue cioè l'applicabilità o meno di una
legge a tutela degli animali.

" Come LAV, abbiamo avviato i procedimenti amministrativi per avere le
informazioni che ci servono. Sulla base di quanto risulterà, capiremo che
strada intraprendere. Il rischio è che le Asl formulino un'interrogazione
regionale per attribuire un'interpretazione autentica alla legge
regionale, contro quella che per noi è una lettera normativa poco
interpretabile. Staremo a vedere quali saranno gli sviluppi.
Abbiamo, in realtà, già precedenti positivi in materia in Regione, di
manifestazioni modificate con animali di peluche, sulla base di diffide
effettuate ex l.16/06, ma dovute - in buona parte - al buon senso degli
interlocutori (che non hanno insistito, per intenderci).. (vedi lotteria
con maiale, cani e canarini a Vigevano, agnello in provincia di Varese,
dove gli animali sono stati sostituiti da peluche)..
sicuramente la definizione di animale d'affezione è un concetto in
evoluzione, ma che sarebbe opportuno fosse confortato del parere di
etologi super partes, anche se per me, personalmente, la questione non è
quella terminologica, ma la condotta vietata dalla norma e la ratio per
cui la condotta è vietata, il che non dovrebbe discriminare - comunque -
la specie animale, pur se l'articolo in questione, di fatto, è ricompreso
all'interno di una legge che si preoccupa di tutelare proprio e solo gli
animali da affezione..cosa che potrebbe essere usata contro di noi per
dare un contorno applicativo alla legge... succede di tutto, purtroppo...
credo sia una importante opportunità per allargare il concetto di animale
d'affezione e dare una spinta alla crescita culturale.. il cambiamento è
già in corso, ne sono convinta.. quindi, vediamo..

vi chiedo, se possibile, di segnalare altri casi in lombardia in cui si è
dato corso all'articolo in questione e anche casi di personaggi più o meno
noti che hanno come animale d'affezione quelli che per gli altri sono cibo
(es. george cloneey e il suo maiale).. a titolo di informazione, magari da
citare sulla stampa, per colorare il tutto.. "


Io, per esempio, ho le foto della coppia di germani che aveva adottato il
mio compagno, mentre sguazzano felici in una piscinetta approntata per
loro in cortile. Dimostrazione che le papere possono essere animali di
affezione. Serve altro materiale del genere e articoli di giornale.
GRAZIE!!!!
Shhh!!


...stiamo riposando...

10 aprile 2007

Il forno solare funziona

Molto banalmente, perché vi ho già parlato anche troppo di questo aggeggio: ho stampato le istruzioni, l'ho progettato, l'ho costruito e, anche se un po' a fatica, funziona.

La forma la vedete da voi e non vi sto a spiegare grazie a quale miracolo sono riuscita a farlo più o meno "regolare"; l'intercapedine è riempita di fogli di polistirolo per diminuire la perdita di calore (forse è l'unica cosa che funziona a dovere); non ha ancora il doppio vetro perché avevo finito il plexiglas, quindi ha solo il "vetro" esterno; dentro è tutto tappezzato di alluminio mezzo strappato (a Tarty piace giocare nel forno solare); la piastra interna non è di metallo, bensì di cartone; e la pentola è colorata di nero malamente, devo darci una seconda mano di pittura... però cuoce.

All'alba lo giro verso il sole, metto il mio bel riso con acqua nella pentola (mi dimentico sempre il sale), ogni ora vado a riorientare la scatola, e dopo 5 ore il riso è cotto.
Sono tre giorni che mangio riso in bianco, ma è talmente meraviglioso che un agglomerato di cartone e scotch riesca a cuocere del riso che non mi sono ancora stancata.

Mio padre si è appassionato alla costruzione. Voleva a tutti i costi farlo in legno e vetro, incernierarlo per bene, metterci la piastra da forno, isolarlo con 3 strati di polistirolo e due doppi vetri di vetro vero... lui è un uomo che fa le cose in grande, però poi il riso non l'ha assaggiato.

Va beh, penso che glielo farò costruire anche di legno, per dargli soddisfazione.


Il prossimo passo?
Trovare un progetto di forno solare parabolico così "professionale" da risultare per lui una sfida irresistibile.

Compito per l'anno venturo: autoproduzione di pannelli solari.